Assassino Organizzato / Disorganizzato e riflessi sulla Scena del Crimine

Assassino Organizzato / Disorganizzato e riflessi sulla Scena del Crimine

La Behavioral Science Unit – BSU fu istituita nell’ambito del Federal Bureau of Investigation per far fronte all’incremento di omicidi e aggressioni sessuali che attanagliarono gli Stati Uniti a cavallo tra gli anni 70 e 80. L’unità, specializzata nell’analisi dei fondamenti del comportamento criminale, fu costituita nel 1972 da Pat Mullany, Jack Kirsch e Howard Teten e fu successivamente valorizzata da specialisti come Robert Ressler, Roger DePue, John Vorpagel e John Douglas.
L’esperienza investigativa sul campo, unita ad approfondimenti sulle dinamiche psicologiche alla base di specifiche tipologie di crimini, portò i membri dell’unità a ipotizzare l’esistenza di due macrotipologie di assassini, le cui caratteristiche individuali e comportamentali si riflettevano sulla scena del crimine. Grazie alla collaborazione con la psichiatra Ann Burgess fu quindi condotto uno studio su 36 detenuti e 118 omicidi a sfondo sessuale che gettò le basi per la distinzione tra Assassino Organizzato e Assassino Disorganizzato, figure collegabili rispettivamente alla Scena del Crimine Organizzata e alla Scena del Crimine Disorganizzata. Le risultanze delle ricerche effettuate furono pubblicate prima nel 1985 nel Law Enforcement Bulletin e successivamente riprese e approfondite nel libro Sexual Homicide: Patterns and Motives.

Le caratteristiche principali dell’Assassino Organizzato riguardano la presenza di intelligenza media o sopra la media, il possesso di buone capacità sociali e di controllo emotivo, avere un’occupazione stabile con inserimento in un nucleo familiare definito e strutturato, l’essere sessualmente adeguato, aver ricevuto una disciplina inconsistente durante l’infanzia e aver subito eventi stressanti considerevoli, la volontà di seguire il crimine effettuato attraverso i media, la capacità di effettuare spostamenti anche considerevoli sul territorio e l’uso di alcool durante il delitto.

L’Assassino Disorganizzato invece è caratterizzato da intelligenza sotto la media, inadeguatezza sociale e sessuale, da una vita isolata portata avanti in un luogo in prossimità della scena del crimine, da un lavoro semplice, dall’aver ricevuto un’educazione rigida durante l’infanzia, dalla notevole ansia provata durante la commissione del crimine e dall’andare incontro a significative modificazioni comportamentali nel breve/medio periodo.

L’espressione di queste caratteristiche ha un impatto corposo sulla scena del crimine e sulla criminodinamica, che determina l’emersione di specifici e caratteristici scenari.
Un offender organizzato tenderà quindi a creare una Scena del Crimine Organizzata contraddistinta da mancanza di tracce immediatamente osservabili, corpo assente, nascosto o comunque trasportato da un luogo a un altro, uso di mezzi di costrizione, ricerca del controllo totale dalla fase di pianificazione a quella di esecuzione e post-esecuzione, personalizzazione della vittima e assenza di rapporto di conoscenza diretta con la stessa.

Con l’altra macrocategoria di assassini potrà emergere invece una Scena del Crimine Disorganizzata in cui sarà possibile osservare disordine, tracce e cadavere lasciati in bella mostra, possibile brutalizzazione del corpo o atti sessuali compiuti in seguito alla morte, depersonalizzazione della vittima, assenza di pianificazione e improvvisazione nella fase di esecuzione e post-esecuzione, ubicazione in luoghi familiari all’offender e vittima conosciuta dall’assassino.

Una delle critiche rivolte a questa macro classificazione ha riguardato soprattutto la divisione manichea ed eccessivamente semplicistica effettuata tra due poli opposti; C. Wilson (1996) ha suggerito infatti di parlare di continuum fra organizzazione e disorganizzazione su cui collocare il singolo criminale violento, il quale può presentare elementi di entrambe le categorie (overlapping).

G.M. Godwin (2000), inoltre, ha segnalato che il lavoro effettuato dal BSU ha limiti di tipo statistico essendosi basato su un campione ristretto, non casuale, volontario e senza un’analisi dettagliata finale presentata sul materiale impiegato.

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