Sociologia della devianza - Sutherland e la teoria dell’associazione differenziale

Sociologia della devianza - Sutherland e la teoria dell’associazione differenziale

Edwin Sutherland considera il comportamento deviante come “appreso” all’interno di specifici gruppi o subculture. Tale concetto è articolato all’interno della teoria dell’associazione differenziale, secondo la quale gli individui apprendono le basi normative del comportamento criminale all’interno dei gruppi primari, in particolare nell’ambito del gruppo dei pari. Nella versione definitiva della teoria (1947), il processo attraverso il quale l’individuo arriva a intraprendere un comportamento criminoso è spiegato attraverso nove proposizioni fondamentali:

  1. Il comportamento criminale è appreso. La condotta deviante non è ereditaria e nessuno può inventarsi un comportamento criminale senza avere alcuna preparazione a riguardo.
  2. Il comportamento criminale è appreso attraverso l’interazione con altre persone in un processo di comunicazione. Domina in questo caso la comunicazione verbale ma assume sotto molti aspetti rilievo anche quella non verbale (dominanza/sottomissione).
  3. La parte fondamentale del processo di apprendimento del comportamento criminale si realizza all’interno di gruppi di persone in stretto rapporto tra loro. Nella genesi dei comportamenti devianti si pone l’accento sui gruppi primari e su quelli dei pari, minimizzando il ruolo esperito dai mass media.
  4. Quando si apprende un comportamento criminale, l’apprendimento include: a) le tecniche di commissione del reato, che sono talvolta molto complesse, talvolta molto semplici; b) lo specifico indirizzo dei moventi, delle iniziative, delle razionalizzazioni e dei comportamenti. L’apprendimento avviene in egual misura rispetto agli aspetti pratici, alle ideazioni e alle razionalizzazioni che si trovano alla base dell’atto criminale. Nulla è lasciato al caso e tutto concorre a favorire e a giustificare il comportamento deviante rispetto alla norma sociale condivisa.
  5. L’indirizzo specifico dei moventi e delle iniziative è appreso attraverso le definizioni favorevoli o sfavorevoli ai codici della legge. In questo punto si pone l’accento sulla critica e la mancata accettazione dei codici socialmente condivisi, considerati inadeguati, corrotti, errati o colpevolmente svantaggiosi per talune classi sociali.
  6. Una persona diviene delinquente perché le definizioni favorevoli alla violazione della legge superano le definizioni sfavorevoli alla violazione della legge. La razionalità (limitata) trova il suo peso soprattutto in questo punto; alla base della scelta vi è sempre una valutazione soggettiva influenzata da fattori personali, sociali e contingenziali dei vantaggi e degli svantaggi possibili.
  7. Le associazioni differenziali possono variare in frequenza, durata, priorità e intensità. Questo punto si sofferma sulla possibile coesistenza di diverse tipologie di associazioni più o meno significative per il soggetto in termini temporali e di valore attribuito. Il risultato comportamentale deriva dal (s)bilanciamento di queste forze.
  8. Il processo di apprendimento del comportamento criminale coinvolge tutti i meccanismi tipici dell’apprendimento. L’acquisizione del comportamento criminale non nasce da una semplice imitazione ma entrano in gioco numerosi fattori tipici dei processi di apprendimento e specifici dei soggetti.
  9. Benché il comportamento criminale sia espressione di bisogni e di valori generali, questi bisogni e valori non possono spiegarlo, dato che il comportamento non criminale può essere espressione dei medesimi bisogni e dei medesimi valori. Gli stessi principi di riferimento possono ispirare comportamenti opposti, il risultato deriva dall’intreccio di numerosi fattori e non da una semplice logica lineare/causale.

Le critiche maggiori rivolte alla teoria dell’associazione differenziale riguardano soprattutto la migliore aderenza esplicativa nei confronti della genesi dei comportamenti esperiti nell’ambito delle organizzazioni criminali piuttosto che dei comportamenti devianti occasionali. Ulteriori giudizi negativi fanno leva sulla sottostima dei fattori psicologici e sulla minimizzazione del ruolo attivo del soggetto, obiezioni fondamentali che tuttavia trovano spiegazione nel contesto storico-culturale di riferimento della teoria.

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